
Aaron Nimzowitsch: "Come sono diventato un Gran Maestro" - Parte 4
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Sezione Partite
Desiderando offrire al lettore una comprensione più concreta della mia evoluzione scacchistica, propongo una selezione di partite giocate da me, privilegiando quelle del primo periodo della mia carriera scacchistica (1902-1907).
In queste partite, inseguo ancora l'“Uccello di fuoco” dell'attacco di matto. Tuttavia, un'analisi attenta rivela anche i primi germogli di quelle idee posizionali che in seguito avrebbero giocato un ruolo rivoluzionario nella storia del gioco degli scacchi, in altre parole gli esordi del neoromanticismo.
Dopo la crisi del 1906, la ricerca dell'attacco di matto si riduce a zero, mentre le mie umili ricerche posizionali iniziano a crescere... E la deliberata lentezza nello svolgimento delle mie operazioni strategiche appare immediatamente (si veda la partita con E. Cohn, n. 11).
Sul periodo 1907-1929 ho scritto due libri: La mia sistema e La pratica del mio sistema, quindi qui mi limiterò a toccare leggermente questo periodo, concentrando la mia attenzione principalmente sulle partite del primo periodo della mia carriera, specialmente su quelle in cui emergono chiaramente le carenze del mio stile di allora o su quelle che mostrano l'evoluzione di tale stile.
I
Alla caccia dell’“uccello di fuoco” dell’attacco di matto
Due finali del periodo 1902-1904
Partita n. 1
[Nota: Il Max Lange (1883-1923) di questa partita non va confuso con il più celebre omonimo Max Lange (1832-1899). Il Lange in questione pubblicò la stessa posizione sulla rivista Akademische Schachblätter nel giugno 1903, precisando che la partita fu giocata il 15 maggio 1903 e che si trattava di un incontro ad handicap, disputato senza il pedone in f7.]
Partita n. 2
Con la mossa 1. Ae8, il Bianco voleva bloccare la Torre in f8 e con essa il povero re.
II
Una “battaglia storica”
(Vedi il capitolo V)
Partita n. 3
III
Alcuni successi parziali prima del fiasco decisivo (Vienna, febbraio-marzo 1905. La Partita con Spelmann) il torneo si concluse con un fallimento a Vienna (febbraio-marzo 1905).
All'inizio del 1905, partecipai con discreto successo al torneo misto di Vienna, con Schlechter, Wolf, Forgács, Vidmar, Perlis e altri. Tra l'altro, pareggiai entrambe le partite con Wolf, vinsi contro Forgach (sacrificando pezzi con audacia) e sconfissi brillantemente l'esperto Altmeister.
Nonostante ciò, spesso non sapevo come sfruttare un vantaggio materiale, caratteristica comune a molti giocatori combinativi.
All'inizio del 1905 partecipai con discreto successo al torneo misto di Vienna tra maestri (in due turni) con la partecipazione di Schlechter, Wolf, Forgach, Vidmar, Perlis e altri. Tra le altre cose, pareggiai entrambe le partite contro il maestro Wolf, vinsi una partita contro Forgács (sacrificando persino due pezzi) e sconfissi nettamente il vecchio maestro Albin.
Da Vienna mi recai a Monaco, dove organizzarono per me un match contro Spielmann. La prima partita di quel match la vinsi... senza sacrificare nulla (!), e questo fatto “notevole” riempì il mio cuore di un tale orgoglio che quasi mi convinsi di essere diventato un maestro posizionale maturo!
In realtà, la mia comprensione della posizione era ancora piuttosto scarsa. Ricordo un episodio accaduto a Vienna: in una partita del torneo contro Perlis riuscii a guadagnare un pedone, ma... la posizione che ne risultò si rivelò priva di possibilità combinative, e quindi non sapevo più cosa fare. (L’incapacità di sfruttare un vantaggio materiale è, in generale, una caratteristica distintiva di un giocatore combinativo!) Per uscire da quella situazione imbarazzante, proposi una patta e fui felice che Perlis l'avesse accettata.
Il match contro Spielmann si concluse in parità (+4 -4 =5).
Purtroppo non conservo le registrazioni di quelle partite (tre di esse furono pubblicate nel Schachjahrbuch di Bachmann del 1905).
Ecco due partite del torneo di Vienna.
Partita n. 4
Nella seconda parte della partita, il Nero ha giocato in modo antiposizionale (ha dimenticato di bloccare il pedone d6 e ha indebolito la base). Il Bianco ha approfittato con astuzia degli errori dell’avversario.
Partita n. 5
Non posso resistere al piacere di includere un finale che è stato giocato durante il torneo. Se lo confrontate con le partite n. 1 e 2, scoprirete che non è meno fantastico, ma sicuramente più corretto.
Partita n. 6
Se il Nero, alla terza mossa, avesse catturato non la Torre ma il Cavallo, ossia 3... Dxf3+ (invece di Dxg6), allora sarebbe seguito: 4. Rh2 Cf5 5. gxf5 Dxf5 6. Txe6 e il Bianco vince
Notate come l'avanzata vittoriosa del pedone "g" (g5-g6) venga ostacolata, a turno, dal pedone nero in g6, dalla Torre bianca in g6 e dalla Donna nera in g6, e come le peripezie della combinazione portino alla scomparsa di tutti questi pezzi (in parte catturandosi a vicenda)!
IV
Il fiasco di Barmen
Lo scopo di questo capitolo è studiare le cause principali di questo fiasco.
Un tale studio, a nostro avviso, non potrà che rivelarsi utile sia dal punto di vista biografico che pedagogico.
Abbiamo già discusso della cattiva gestione dell'apertura, che è una delle cause principali di questo fallimento. Ad esempio, 1. d4 d5 2. c4 Cc6 mi ha sempre fatto fare una brutta partita.
Con il Bianco, però, ho giocato una variante incolore della partita scozzese. Le altre cause saranno discusse in seguito.
Partita n. 7
Una partita condotta magistralmente da Forgács. Per quanto mi riguarda, ho mostrato scarsa comprensione della centralizzazione e una propensione a un gioco troppo disperato. È una lezione da ricordare.
Partita n. 8
Partita n. 9
In questa partita, giocata con una certa finezza, ci soffermeremo principalmente sull'apertura e sul finale. Per quanto riguarda il mediogioco, nonostante tutte le sue combinazioni, lo esamineremo esclusivamente dal punto di vista degli errori tipici (per un Nimzowitsch diciannovenne).
Così il torneo di Barmen si concluse con un mio completo fallimento, l'unica piccola consolazione fu la vittoria contro il terzo classificato in una partita spettacolare, che riporto qui di seguito. Lo stile travolgente di questa partita acquista un particolare colore grazie agli accenti neoromantici sparsi qua e là.
Partita n. 10
V
Dopo il punto di svolta del 1906.
(vedi capitolo VI)
Partita n. 11
In questa partita ho dimostrato un alto livello e una grande maturità di gioco.
La seguente partita è stata giocata nello stesso torneo della precedente, ma condotta in uno stile "più energico". Tuttavia, questo stile, a prima vista, potrebbe sembrare simile a quello che mi ha portato tante delusioni (Barmen!). Un'analisi più attenta della mia partita, però, lascia un'impressione del tutto soddisfacente (vedi, ad esempio, il commento alla quarta mossa del Nero).
Partita n. 12
VI
Qualche parola sul periodo 1907-1929
In una delle note alla partita precedente, ho osservato che già nel 1906 avevo un’idea chiara della strategia basata sull’uso di un complesso di case deboli di un determinato colore. Ora vorrei precisare questa affermazione.
Una comprensione autentica e scientificamente fondata di questa strategia, tra le più complesse, mi era naturalmente ancora estranea. Se a volte mi capitava di giocare secondo i principi delle case chiare (come, ad esempio, nel finale contro E. Cohn), i miei manovramenti erano comunque per lo più casuali e guidati dall’intuizione.
Alla fine del 1906, la situazione era la seguente: la stabilità e la tecnica che avevo recentemente acquisito mi avevano reso possibile intraprendere, con passi audaci, il percorso di rivoluzione della strategia scacchistica, che già nel 1904 mi sembrava tanto affascinante (cfr. partita n. 3). Completata la costruzione della mia teoria degli elementi e sentendo finalmente un terreno solido sotto i piedi, iniziai a sviluppare in modo sistematico una nuova comprensione dei principi fondamentali: 1) la teoria del centro, 2) il blocco, 3) la centralizzazione, 4) la Superprotezione, e altri principi rivoluzionari per il gioco.
Tutte queste idee sono esposte chiaramente nel mio nuovo libro La pratica del mio sistema, dove viene illustrata anche l’evoluzione della mia visione scacchistica nel periodo 1907-1929. Rimando il lettore interessato a quest’opera, mentre qui mi limiterò a pubblicare una sola partita, ovvero la "la partita immortale dello zugzwang" che giocai nel 1923.
Chi avrebbe potuto prevedere, nel 1902, che una partita classica di zugzwang, ovvero una partita che esprime al massimo grado la strategia d’attesa, l’avrei giocata proprio io, lo stesso che, nei primi anni della giovinezza, sembrava un inguaribile giocatore combinativo dallo stile decisamente anti-posizionale!
Ma, lo ripetiamo: il talento combinativo, unito a un lavoro diligente e approfondito, può rendere possibile l’impossibile, e quindi consigliamo ancora una volta in conclusione: “Combinativi, cercate di assimilare passo dopo passo la comprensione dei più importanti temi posizionali e strategici! E voi, che non amate le combinazioni, sforzatevi di apprezzarle e di studiarle, perché solo l’unione tra gioco combinativo e posizionale vi porterà a quei successi, a quelle gioie e a quell’estasi di cui gli scacchi sono così ricchi!”
Partita n. 13